Santa Colette
7 febbraio, Clarissa, riformatrice del Secondo Ordine –
Santa Colette Boylet (1381-1447) emerge come una delle più significative figure riformatrici dell’Ordine delle Clarisse nel periodo del Grande Scisma d’Occidente. La sua opera di riforma non nasceva da un desiderio di innovazione, ma dalla profonda volontà di ritornare all’autenticità del carisma originario di San Francesco e Santa Chiara.
Il suo cammino spirituale si caratterizzò fin dall’infanzia per una profonda ricerca del Signore. Cresciuta in un ambiente di intensa pietà, manifestò presto una particolare sensibilità verso la preghiera e la contemplazione. La sua ricerca di radicalità la portò inizialmente a sperimentare diverse forme di vita religiosa – dalle beghine alle benedettine – fino alla scelta della reclusione, vissuta dal 1402 al 1406 in una piccola cella attigua alla chiesa di Corbie.
La riforma da lei promossa si fondava su alcuni pilastri essenziali. Anzitutto, la centralità della preghiera personale e comunitaria, con particolare attenzione alla liturgia delle ore e alla celebrazione eucaristica, per la quale stabilì la comunione settimanale. L’austerità e la povertà erano vissute in modo radicale: le sue comunità rinunciavano a qualsiasi proprietà e rendita, vivendo solo di elemosine, secondo l’ideale originario francescano. Le suore praticavano il digiuno quotidiano (eccetto domenica e Natale) e l’astinenza perpetua dalla carne.
La dimensione comunitaria occupava un posto centrale nella sua riforma. Colette insisteva particolarmente sulla concordia e la carità fraterna tra le consorelle, vedendo nella vita comune un luogo privilegiato di santificazione. La clausura e il silenzio erano osservati con rigore, ma sempre nella prospettiva di favorire l’unione con Dio e la carità reciproca.
La sua opera riformatrice si sviluppò sempre in profonda comunione con la Chiesa, nonostante il periodo complesso del Grande Scisma. Si adoperò attivamente per l’unità della Chiesa e mantenne stretti legami con figure come San Vincenzo Ferrer e San Giovanni da Capestrano. La sua riforma ottenne l’approvazione sia del Ministro generale francescano che del Papa Pio II nel 1458.
L’amore per i poveri caratterizzò tutta la sua vita. Già da giovane si privava del cibo per darlo ai bisognosi, affermando: “Se non amassi i miseri, mi sembra che non amerei il buon Dio”. Durante il periodo di reclusione, si dedicava a cucire vestiti per i poveri, e la sua attività di fondatrice (18 monasteri in quarant’anni) fu sempre accompagnata da una particolare attenzione verso gli ultimi.
La sua spiritualità, profondamente cristocentrica ed eucaristica, si esprimeva in una vita di intensa contemplazione, unita a un’instancabile attività a servizio della riforma. La sua opera ha lasciato un’impronta duratura nella Famiglia francescana, tanto che ancora oggi esistono molti monasteri di tradizione colettina sparsi in tutto il mondo, testimoni di una tradizione spirituale che continua a parlare alla Chiesa contemporanea.