A colloquio con Santa Chiara

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A colloquio con Santa Chiara

Attualità di un messaggio

Pochi, al di fuori della grande Famiglia Francescana, ti conoscono veramente, o Chiara.

Tu che, rinchiudendoti per sempre nel silenzio della clausura, hai cercato il nascondimento, anche ora sei nascosta, e penso che ne gioisci perché, nel tuo amore per la povertà di ogni cosa, non hai voluto altro spazio per te che quello del mistero di Dio, e di questo perfino il piccolo luogo di S. Damiano, dove hai trascorso la tua vita, tanto diverso dalle immense abbazie benedettine, ne dà testimonianza.

Tu non hai mai amato il protagonismo, anzi, da parte tua, tu vorresti sinceramente che anche oggi il tuo nome fosse, non accanto a quello di Francesco, ma, se possibile, “dentro” il suo, così come tutta la tua esistenza e vocazione era nata, per potenza e volere di Dio, dalla sua e nella sua “tutta si vedeva” come in uno specchio (cf. Proc. III, 29).

Tu — e lo ripetevi all’infinito — eri solo la pianticella, Francesco era il fondatore e il piantatore; lui era il padre ed anche, in un certo senso, la madre, tu la figlia. Tu e le tue sorelle eravate fragili e avevate timore della vostra fragilità ma Francesco, finché visse, era la vostra colonna, la vostra consolazione e vostro unico sostegno dopo Dio.

Chi va ad Assisi, visita necessariamente la basilica a te dedicata e dopo aver alzato lo sguardo verso la grande icona del Crocifisso che parlò a san Francesco, scende giù nella cripta dove sono custodite le tue ossa. Ma anche a S. Damiano, dove tutto parla di te e della tua straordinaria avventura, nella stupenda povertà delle mura restaurate da Francesco e nella bellezza del chiostro pieno di fiori, può sfuggire al cuore distratto del turista il significato più profondo della tua vita.

E’ vero, la tua storia è molto distante anche nei secoli; la tua santità, ricca pure di miracoli, può apparire troppo grande e troppo sublime: una santità dal sapore di leggenda, e Leggenda si chiama infatti il libro che racchiude la tua vita, anche se non tutti sanno che questo titolo è da intendersi nel senso di “testo ufficiale da leggersi”, e non nel senso di racconto popolare fiorito intorno a fatti la cui storicità è dubbia.

Invece anche oggi tu puoi dire molto al nostro mondo. Se conosciuta, oggi come ai tuoi tempi, la tua santità, alta si, ma anche estremamente lineare e meravigliosamente femminile, può essere un punto di riferimento luminoso per il cammino di tutti nella Chiesa.

Quando sei conosciuta, tu sei anche amata e non solo ammirata da lontano, anzi, si resta così affascinati da te e dal tuo ideale — che è poi lo stesso di Francesco — che in un modo o nell’altro, non necessariamente in un monastero di clausura, mettendosi alla tua scuola, si inizia a seguire sul serio il Signore.

Come ogni Santo, anche tu sei una parola di Dio, eco di quell’unica e stupenda Parola, il Figlio di Dio, in cui il Padre ci ha detto e dato tutto. Ed è scritto che le parole di Dio non passeranno.

Otto secoli sono una lontananza di tempo e di vicende storiche, ma il cuore dell’uomo con i suoi drammi, le sue ansie e i suoi aneliti non cambia. Per questo motivo possiamo affacciarci al tuo secolo e ritrovarci anche il nostro, specchiarci nella tua vita e trovarci un messaggio di una freschezza straordinaria, che è parola, risposta, anche per noi, per i nostri problemi di sempre.

Basti mettersi in ascolto. Attraverso il tuo messaggio, oltre che con la tua intercessione a cui possiamo veramente affidarci con fiducia, tu sei viva, qui, tra noi, vicina e non più lontana: presente.

Dio — è stato detto — ci fa scuola attraverso i Santi ed è con animo umile e grato che dobbiamo dire grazie a Dio per tutto quello che Egli ci può dire anche oggi attraverso di te, o Chiara, attraverso la quale fa risplendere a noi la Sua luce, la Sua grazia, la Sua gloria.

Una delle prime cose che ci insegni è come ci si decide per il Signore, come si risponde quando Lui chiama. Certo, Egli ti ha prevenuta con il Suo amore fin dall’infanzia, quando metteva dentro il tuo cuore il desiderio della preghiera e della penitenza e l’attenzione, dietro l’esempio di tua madre, verso i più poveri e gli ultimi della società. Poi, più tardi, aveva preparato per te dall’eternità la grazia delle grazie: l’incontro con Francesco.

A quei tempi Francesco aveva ancora pochi compagni ed era considerato da molti un pazzo, un esaltato. Si dice che le ragazze perfino fuggissero quando lo vedevano passare insieme ai suoi frati per andare a mendicare un po’ di pane alle porte di coloro con i quali un tempo aveva vissuto nell’abbondanza.

Tu hai avuto il coraggio di cercarlo e poi di seguirlo. A diciotto anni, “bella de la faccia”, nobile e ricca, non ti mancava nulla e avresti avuto davanti le più splendide prospettive: sei fuggita invece dietro i sogni di uno ritenuto pazzo. La tua parentela, i tuoi concittadini potevano dirti con ragione che non c’era bisogno di seguire Francesco per servire Dio. Saresti potuta entrare, ad esempio, tra le benedettine: questo non sarebbe stato un disonore per la tua famiglia. Ma fuggire di casa, di notte e correre fuori delle mura della città sotto la pallida luce della luna, per ora neppure verso un convento: questo era folle.

Si, anche tu come Francesco eri veramente impazzita, ma impazzita d’amore per Cristo.

C’era un’unica certezza quella notte tra la domenica delle Palme e il lunedì santo; la certezza di aver trovato un tesoro nascosto, Dio, che è il Bene, tutto il Bene, per il quale vale davvero la pena di lasciare ogni cosa. C’era un’unica sicurezza quella notte: la sicurezza che il Padre dei cieli avrebbe avuto cura di chi consegnava nelle Sue mani, attraverso il Suo servo, la propria vita.

Noi, oggi, abbiamo bisogno più che mai di testimonianze come la tua, di sapere che c’è veramente chi è capace di dare la propria vita per il Signore, amato come il tutto della propria esistenza, di dare la vita gratuitamente per Lui, che è il solo che può fare di essa, per quanto umile e povera agli occhi di tutti, un capolavoro di bellezza e di grazia. L’uomo di oggi, a differenza dell’uomo del Medioevo, fa fatica a credere anche semplicemente all’esistenza di Dio: la testimonianza di chi ha dato tutto si pone perciò davanti a lui come qualcosa che fa pensare, che non si può ignorare.