La regola di san Francesco

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In questo anno 2023 il mondo francescano, oltre all’istituzione del Presepio di Greccio, celebra un altro evento determinante nella vita del Poverello di Assisi e della sua famiglia: ricorre infatti l’ottavo centenario della bolla di conferma definitiva della Regola Francescana, in data 29 novembre 1223. 

Un albero di 800 anni
Questa Regola dei Frati Minori (Regola bollata, Rb) ha nutrito, in questi otto secoli di storia, centinaia di migliaia di frati francescani ed è diventata a sua volta ispiratrice di molte altre Regole di vita per successivi istituti religiosi maschili e femminili. La sua apparizione costituisce una delle pietre miliari più importanti nella vita e nella spiritualità cristiana. A tutt’oggi, viene professata da circa 30.000 frati: di cui 25.000 sono di diritto pontificio (come i frati Minori, Cappuccini, Conventuali) e qualche altro migliaio di riconoscimento diocesano. Alla Regola Bollata si ispirano circa 400 Istituti Apostolici (maschili e femminili, cioè TOR: Terzo Ordine Regolare, Suore).
La stessa Chiara di Assisi, che l’ha assunta quasi alla lettera, ne ha fatto un modello per donne dedite alla vita contemplativa: oggi le clarisse (OSC: Ordine di S. Chiara) si aggirano intorno alle 20.000 unità. Anche l’OFS (Ordine Francescano Secolare: che ad oggi conta oltre un milione di persone) nella sua nuova Regola ha ripreso a piene mani i princìpi di questa Regola di san Francesco.  Il frutto più autentico, maturo e gustoso di questa Regola di vita è costituito dalle migliaia di santi, beati, venerabili, anche nostri contemporanei, che da questo albero hanno ricevuto alimento e la cui santità è celebrata anche nel culto ufficiale della Chiesa.
Questo nostro contributo alla celebrazione del centenario si propone di individuare il codice di accesso (le ‘parole chiave’) per penetrare nella Regola francescana. 

La metodologia di Francesco
Va detto in primo luogo che il Santo di Assisi ha messo per iscritto la sua “forma di vita” per i frati (chiamata Regola) almeno in tre tempi diversi. All’inizio, quando fu raggiunto dai primi compagni, intorno all’anno 1209, ha redatto la Protoregola, approvata da papa Innocenzo III. Questa Protoregola è stata poi ampliata dallo stesso Francesco, facendone confluire i contenuti, nel 1221, nella Regola non Bollata (RnB): così chiamata in quanto non fu presentata al Pontefice per la conferma.
La revisione definitiva Francesco la consegnò a papa Onorio III che la confermò nel 1223: ed è di questa Regola Bollata (Rb) che celebriamo il centenario.
Questi diversi passaggi redazionali sono dovuti al fatto che la Regola francescana non è scritta a tavolino, ma è frutto dell’evoluzione, per una famiglia in continua crescita, di quelle intuizioni con cui il Signore stesso ha guidato, fin dall’inizio, la vita del Poverello di Assisi su un cammino tutto nuovo. Aldilà di questa evoluzione, sia Francesco che la Santa Sede parlano sempre di un’unica Regola che è stata approvata da Innocenzo III e confermata da papa Onorio III.
Quella di Giacomo da Vitry (testimone oculare esterno, cioè non francescano, e per questo più autorevole), è una delle testimonianze più antiche sul modo di legiferare da parte di san Francesco e della sua famiglia. Chiamato dalla Francia per essere consacrato vescovo, prete Giacomo giunge a Perugia nel luglio del 1216. Qui sente parlare dei frati: «… si chiamavano frati minori… Gli uomini di questa “religione” convengono una volta l’anno nel luogo stabilito per rallegrarsi nel Signore e mangiare insieme, ricavando da questi incontri notevoli benefici. Qui, avvalendosi del consiglio di persone esperte, formulano e promulgano delle leggi sante, che sottopongono al Papa per l’approvazione. Dopo di che, si separano per tutto l’anno disperdendosi per la Lombardia, la Toscana, le Puglie e la Sicilia…» (FF 2205-2208; anche FF 2269).  La Lettera ad un Ministro, scritta dallo stesso Francesco, è una testimonianza diretta sul modo di legiferare proprio del Poverello di Assisi: «Di tutti i capitoli, poi, che sono contenuti nella Regola […], con l’aiuto del Signore nel Capitolo di Pentecoste, col consiglio dei frati, ne faremo uno così […]» (FF 237).

Frate Francesco, nel fissare per iscritto l’ispirazione originaria ricevuta dal Signore, affinché questa rimanga valida per tutti i frati, per ogni tempo, per ogni latitudine, si fa aiutare dai capitoli (assemblee) e da persone esperte. Le assemblee formulano e promulgano, poi tutto viene sottoposto al Papa per l’approvazione. Questa metodologia è valida sia per la Regola vera e propria, che per le cosiddette Costituzioni applicative della Regola. Va tenuto presente, però, che mentre la stesura della Regola diventa definitiva con la Bolla pontificia del 29 novembre 1223 Solet annuere (FF 73/a – 2716), la legislazione attuativa proseguirà di Capitolo in Capitolo, fino ai giorni nostri.   

Il Vangelo: alla base di una vita
Dopo che a San Damiano il Crocifisso gli affidò il mandato di restaurare la sua casa, solo il Vangelo divenne il punto di riferimento del Poverello di Assisi: iniziò così a condurre la vita dei penitenti (degli eremiti), sotto la guida del Vescovo di Assisi, fatta di preghiera, lavoro, servizio ai lebbrosi.
Del Vangelo, mentre gli si scolpiva nel cuore il volto del Cristo crocifisso, gli risuonavano nell’animo soprattutto i passi della vocazione dei discepoli: quei passi dove è richiesta una rottura con il mondo per la sequela di Cristo. Li ritroviamo anche nella RnB (FF 4): «“Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che hai, e dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cielo (Mt 19,21); e poi vieni e seguimi (Mt 16,24); e: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Lc 14,26); e ancora: “Se qualcuno viene a me e non odia il padre, la madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle e anche la sua vita stessa non può essere mio discepolo” (Mt 19,29; Mc 10, 29). E: “Chi avrà lasciato o il padre o la madre, o la moglie o i figli, la casa o i campi per amore mio, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna” (Lc 18,29)».  
Mentre riparava le mura di diverse chiese, Francesco si domandava quale fosse il senso ultimo di quel “restaura la mia casa” chiestogli dal Crocifisso. Tommaso da Celano, suo primo biografo, ci dice che il Cristo stesso gli venne incontro aprendogli un più vasto orizzonte: «un giorno, in cui nella chiesa della Porziuncola si leggeva il brano del Vangelo relativo al mandato affidato agli Apostoli di predicare, il Santo, che ne aveva intuito solo il senso generale, dopo la Messa, pregò il sacerdote di spiegargli il passo. Il sacerdote glielo commentò punto per punto, e Francesco, udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tonache, ma soltanto predicare il Regno di Dio e la penitenza, subito, esultante di Spirito Santo, esclamò: “Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!”» (FF 356).
Qui ci sono già tutti gli elementi che faranno da sottofondo ad ogni passo della futura Regola francescana: l’ascolto del Vangelo, la conferma da parte della Chiesa per una corretta comprensione, la scelta della povertà (vivere da espropriati), i contenuti dell’annuncio (regno di Dio e la penitenza), la ferma decisione della scelta (voglio… chiedo… desidero).
Lo stesso Celanese dirà che la sete della sequela del Cristo del Vangelo, aveva accompagnato tutta la vita del Poverello: «l’aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo» (FF 466). 

Il Vangelo: alla base di una ‘fraternità’
Fin qui (siamo all’inizio della vita nuova di Francesco) si trattava di ispirazioni e di scelte strettamente personali, molto contrastate peraltro dalla famiglia e da tutto il contado di Assisi. Ma in poco tempo questo vivere radicalmente il Vangelo contagiò molti e Francesco fu raggiunto dai primi compagni che gli chiedevano di vivere come lui. Proprio come lui! Francesco ebbe paura! Come lui? No! Ma come il Vangelo indicava di vivere!
Aprì diverse volte il libro del Vangelo per domandare a Cristo stesso le risposte.  In questo modo distolse subito gli sguardi dalla sua persona per orientarli verso il Vangelo. E se finora egli aveva vissuto il proposito di vita spigolando, solo per se stesso, dei brani sparsi qua e là nella vita del Signore, ora era necessario riunire questi brani per nutrire tutto il gruppo dei primi fratelli.  
San Bonaventura ci dice che il Signore stesso «incoraggiò (Francesco) in questo proposito mediante una rivelazione. In questo modo: gli sembrava di aver raccolto da terra delle minutissime briciole di pane, per distribuirle a molti frati affamati, che gli stavano intorno. Aveva timore che, nel distribuirle, quelle briciole così piccole non gli cadessero magari di mano. Ma una voce dall’alto gli disse: “Francesco, con tutte queste briciole, fa un’ostia sola e porgila a chi vorrà mangiare”» (FF 1082). E la stessa voce, ci dice Tommaso da Celano, aggiunse: «Francesco, le briciole della notte scorsa sono le parole del Vangelo, l’ostia è la Regola» (FF 799).  
È questo senso di responsabilità (di vera carità) verso il gruppo affidatogli dal Signore che spinge il Poverello a stilare un quadro di riferimento per tutti: «Vedendo che il numero dei frati a poco a poco cresceva, il servitore di Cristo (Francesco) scrisse per sé e per i suoi frati con parole semplici, una formula di vita, nella quale, posta come fondamento imprescindibile l’osservanza del santo Vangelo, inserì poche altre cose, che sembravano necessarie per vivere in modo uniforme» (FF 1061).  
Lo stesso Francesco, più tardi, morente, ricordando quel fortunato e cruciale momento della venuta dei primi frati, dirà nel suo Testamento: «E dopo che il Signore mi donò dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare; ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io con poche parole e semplicemente lo feci scrivere, e il signor Papa me lo confermò» (FF 116). 

Vangelo: all’inizio e alla fine della Regola
Sull’impegno di ciascuno dei frati a vivere tutto il Vangelo, per Francesco non dovevano esserci discussioni.
Momenti di tensione, tuttavia, ci furono allorché i ‘frati ministri’ (cioè alcuni superiori) in qualcuna delle discussioni che si era soliti fare durante le assemblee annuali, osarono togliere dalla Regola alcune citazioni del Vangelo… perché troppo onerose.
La risposta del Poverello ce la riporta la Legenda Perugina: «I ministri, pur sapendo che secondo la Regola erano obbligati a osservare il Vangelo, fecero togliere da essa quel capitolo dove si legge: “Non porterete nulla nel vostro cammino” (Lc 9,3); illudendosi di non esser tenuti a osservare la perfezione evangelica. Francesco conoscendo questa soppressione in virtù dello Spirito Santo, disse in presenza di alcuni frati: “Credono i frati ministri d’ingannare Dio e me. Ebbene, affinché tutti i frati sappiano e conoscano di essere obbligati a osservare la perfezione del santo Vangelo, voglio che al principio e alla fine della Regola sia scritto che i frati sono tenuti a osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo…”» (FF 1622).
E davvero il Poverello fu di parola: sia nel primo che nell’ultimo capitolo della Regola Bollata troviamo espresso il vincolante riferimento della vita dei frati al santo Vangelo.
Il capitolo primo inizia dicendo: «La Regola e vita dei Frati Minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo» (Rb, I,1; FF 75). Il capitolo dodicesimo, l’ultimo, si chiude dicendo: « …affinché osserviamo […] il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, come abbiamo promesso» (Rb XII,4; FF 109). 

Vita secondo il Vangelo       
Frate Francesco utilizza il termine Vangelo come libro di vita, includendo sia i libri dell’Antico Testamento, sia il Vangelo vero e proprio (i 4 evangelisti), sia il resto del Nuovo Testamento: e questo in contrasto con diversi gruppi ereticali del suo tempo che negavano in toto o in parte parecchi libri della Divina littera (come il Poverello era solito indicare la Sacra Scrittura, ad es. nella VII Ammonizione – FF 156).
Nei pochi scritti di Francesco e di Chiara si rilevano un migliaio di citazioni, dirette o indirette, della Scrittura. Rimanendo ai soli scritti di san Francesco, Matteo è citato ben 77 volte; Marco 18 volte; Luca 46 volte; Giovanni 35 volte.
C’è da pensare che Francesco prediliga molto il vangelo di Matteo. Infatti proprio dal vangelo di Matteo la Regola bollata mutua in gran parte l’impalcatura e i contenuti della vita religiosa.
Ad esempio: una volta che i candidati saranno stati accolti tra i frati, la proposta di vita consisterà nel praticare preghiera (Rb III,1-5), digiuno (6-11), elemosina (nel suo significato etimologico di misericordia – 11-15). Ma qui ci troviamo già nel cuore del discorso della montagna del Vangelo di Matteo. Il già citato Giacomo da Vitry che, durante la crociata, ha potuto conoscere personalmente frate Francesco (FF 2212), nella sua Historia Occidentalis, parlando del nutrimento spirituale dei frati, attesterà: “Si adoperano poi con tanta diligenza a rinnovare in sé la religione, la povertà e l’umiltà della Chiesa primitiva, – attingendo con sete e ardore di spirito alle acque pure che sgorgano dalla sorgente del Vangelo –, che si impegnano con tutte le forze ad attuare, non soltanto i comandamenti, ma anche i consigli evangelici, imitando così passo per passo la vita apostolica …” (FF 2218).          
Francesco chiede ai frati di non accontentarsi del poco, ma di mirare in alto. E i capitoli di Mt 5-8, saranno largamente valorizzati dal Poverello (ad es. nelle Ammonizioni) per parlare molto spesso ai frati della perfezione evangelica cui sono chiamati: “siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,48).               

In La Regola, di Rino Bartolini
dal n. 1/2023 della Rivista Porziuncola 

 
 
 
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